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.❝Entropia gdr❞Forgotten Realm— ‹ Spam Code by K
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.❝«NEMMENO I CADAVERI TI ABBIAMO LASCIATO, SPORCO ABOMINIO.» Fece eco a Laura.
Quello scontro aveva unito molto i cadetti e aveva avvicinato tra loro gli asgardiani e i figli del mare. Tutto il sospetto che provava per loro era svanito totalmente ed era sicura che molti degli attuali cadetti che erano sulla nave avrebbero ricevuto un encomio: molti pensavano che lei avesse salvato tutti, ma era stato lo sforzo condiviso dell’esercito di cui era onorata di far parte che aveva assicurato il più felice epilogo possibile.❞
Cit. Alexandra Des Konigs,
Il Prescelto: Calamitas▼
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.❝Un Maestro attendeva il suo ritorno, dispiaciuto di trovarlo ancora vivo e vegeto. I superiori speravano sempre che non rientrasse alla base operativa, ma l'erba cattiva era dura a morire, e lui aveva messo radici profonde dopo otto anni di permanenza.
"Sei conscio della tua deplorevole condotta?" gli chiese, mentre Espen si appoggiava al muro per non collassare, cercando di mettersi sull'attenti.
"Sì, signore."
"Quel muro è l'unica cosa che ti tiene in piedi, immagino."
"Sì, signore."
"E non sei sobrio da quanto, due giorni?"
"Tre con oggi, signore."❞
Cit. Espeen Uitwaaien,
AAAAAAAAAAAAAAAAAA▼
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.“«Persino ora l'Armonia è tra noi, ci protegge e mantiene l'equilibrio. Equilibrio che mi impegnerò a difendere con ogni stilla del mio potere. Non pretendo che abbiate fiducia in me fin da subito: sarei una sciocca a chiedervi un tale atto di fedeltà. Quello che vi chiedo è la possibilità, la chance di dimostrarvi che la scelta dell'Armonico è stata corretta.» Lanciai un lieve sguardo a Raziel, memore della raccomandazione che mi aveva fatto poco prima dell'evento stesso. «La chance di dimostrarvi che qualsiasi tipo di fiducia riverserete in me sarà ripagata. Farò in modo di dimostrarmi degna dei vostri sentimenti e dei vostri sogni. Degna di difendervi. Je protegerai ceux qui ne peuvent pas se proteger eux-meme. Vi chiedo solo questo in cambio: ayez foi! Se non nei miei confronti, verso la Chiesa e verso l'Armonico.»”
Cit. Yennefer Verville,
Reine▼. -
.“Dopo essere rientrato in stanza ed essersi lavato, Schnabel preparò velocemente le sue cose, per poi dirigersi rapidamente verso l'uscita. All'ingresso, tuttavia, vi era la persona più improbabile ad aspettarlo. Sua nonna Zwaantje.
«Te ne vai?» chiese lei, trovando l'assenso del nipote.
«Stare qui per me non ha più alcun senso. Per troppo tempo sono stato bloccato qui. È tempo che le cose cambino.»
Zwaantje sospirò.
«E cosa farai con Morena?»
Stavolta fu Schnabel a sospirare.
«Manterrò fede al mio patto con lei. Fidati. Saprà dove trovarmi.» attese quindi un attimo, prima di fare un passo oltre la soglia. «Ci vediamo, nonna.»
A quel punto, successe una cosa che non si sarebbe mai aspettato. Zwaantje lo abbracciò. Un abbraccio forte e caldo, che solo una parente gli poteva dare, e che Schnabel lo ricambiò con riluttanza. Solo poche persone erano state capaci di farlo sentire in quel modo.
«Allora abbi cura di te.»”
Cit. Schnabel Von Rom,
Quell'invisibile filo conduttore▼. -
.“«So quello che pensi. So come mi stai giudicando. Ma sai anche chi mi ha fatto tutto questo. Chi mi ha reso così imperfetto.»
All’altezza del moncone, dell’energia oscura si raggrumò in maniera filiforme, distinguendosi in qualche modo dall’oscurità del luogo e permettendo al ragazzo di assistere, vedere, osservare quella massa che a poco a poco si formò fino a raggiungere il corpo del vecchio, fino a formare un mostruoso braccio dotato di un ancor più mostruosa mano.
«Hai reso impura la perfezione, hai reso impuro me, e hai provato a imbrigliare il mio potere in questa forma grottesca, con un artificio grezzo, dozzinale.»
Osservò la mano per un istante, per poi guardare la sua vittima e afferrarla con quella stessa mano, nonostante i diversi metri che la separavano.
Incredulo e senza parole fin dall’inizio, ancora una volta Myn fu l’inerme giocattolo di quel mostro.
Ciò che però era cambiato da prima era la mancanza di paura, rabbia o rancore.
Osservava l’essere, e ignorava il dolore provocato dalla presa, ignorava l’essere stato sollevato da terra.
«Sai. Chi. Sono?»
«Il mio Sigillo.»
Fu sbattuto a terra, sempre che una terra ci fosse in quell’ambiente, e nel solco fu lasciato fin quando il vecchio, mantenendo la presa, non si avvicino.
«Si. Entropia ti ha donato la perfezione, e tu hai preferito distruggerla con la tua stupidità e la tua ignoranza.»”
Cit. Myn Khaaru,
Il suo nome▼. -
.“«Sai, a volte penso che sarebbe tutto più semplice se potessimo fermare il mondo e scendere. Hai presente... lasciar perdere tutto.»
Aajhe era quasi addormentata, ma la voce leggera dell'altra riuscì a ridestarla quel tanto necessario. Forse ci mise troppo a reagire, perché Laura si accoccolò meglio aggiungendo - «Alla fine è una tua scelta.»
«E' quel che avrei voluto fare per tutto questo tempo, dopotutto.» - Rispose l'Erede, a voce bassa, poggiando la testa sopra quella di Laura, che sussultò capendo fosse sveglia. - «Ma anche se andassi in capo al mondo, prima o poi qualcuno o qualcosa arriverebbe a bussare alla porta.»
Non era un discorso facile, l'avevano affrontato più volte. Il divino non dava molta scelta su chi fossero i propri prediletti: spesso le motivazioni erano imperscrutabili quanto inapellabili. Se ti avevano giudicato degno, dovevi farti carico del fardello che tu l'avessi voluto o no.
Non era facile persuadere due vite così giovani di quanto, spesso e volentieri, non fosse possibile ribellarsi a qualcosa che sembrava ingiusto. E sapeva quanto per la rossa fosse una situazione difficile. In quei momenti di silenzio gravavano tante cose già dette, già ovvie, ma forse era solo la sua paranoia.
Aajhe la nascose un po' in un abbraccio, tenendosela vicina al petto. - «Grazie per esserci lo stesso.»
Laura non rispose, ma la strinse un po' più vicina col braccio sano.”
Cit. Aajhe Farron,
Vanishing Point▼. -
.“«Custode.» chiamò, nel silenzio. «Finiscili.»
Dalla parte opposta della grande sala la massa nera dell'ataxia caricò gli aggressori, balzandovi nel mezzo e iniziando a colpire indiscriminatamente teste e arti con la medesima furia. Una tempesta di zanne e artigli strappò letteralmente la vita di dosso a quei poveri disgraziati che, nemmeno capaci d'urlare, si limitarono a gorgogliare la propria agonia cadendo in una grande pozza di sangue ai loro piedi. Tutto finì in pochi istanti e laddove prima si ergevano i gendarmi ora rimaneva solo il grosso canide nero in piedi intento a bearsi del proprio massacro.
«Credevi che sarebbe potuta finire diversamente?» disse, avanzando verso Jurgen, Vera. «Credevi sul serio che provare ad uccidermi sarebbe stata la scelta migliore?»
«Sei... sei sempre stata una disgrazia per questa famiglia.» si difese lui, indietreggiando. «Il tuo potere spettava a noi, a me di diritto! Non so che cosa tu abbia fatto o cosa Fehor abbia visto in te ma... si è sbagliato. Si è sbagliato così come tu sei sbagliata! Una mezzosangue che si atteggia a nobildonna! Mi fai venire il voltastomaco.»
«Io sarò pure una halfblood... ma non sono quella che tra tremando dopo essersi fatta scudo con degli squallidi banditi prezzolati.» arricciò il naso in una smorfia stizzita. «A Felsig faremo una lunga, lunga chiacchierata fratello. E mi dirai ogni cosa.»”
Cit. Vera Schneider,
Ardere le Ombre▼. -
.“- Ok, ho capito. Non vuoi aiutarmi. - disse sbattendo le mani sul ripiano, alzandosi talmente di scatto da far vibrare la tazzina - Non c'è bisogno di chiedermelo per la decima volta! Basta dirm- -
- Siediti. Ci guardano tutti. -
Nonostante la cecità del Maestro, poteva sentire gli sguardi della gente addosso e con un gesto della mano invitò l'amico a sedersi. Philaf Peregrin non era un tipo paziente, a quanto pareva.
- ... Quindi mi aiuterai? -
Oltre che poco paziente, era anche abbastanza ansioso. C'era da biasimarlo, alla fine era strano trovarsi sempre la porta di casa aperta senza nessun oggetto rubato o qualcosa di peggio.
Wergun annuì.
- Sono impegnato con Elonia, il mio tempo non è sempre libero, ma vedrò di aiutarti. Per quanto possa essere di aiuto... - non sembrava molto convinto, questo Passion lo notò subito.
L'uomo dalla testa rasata e dagli occhi come quelli di un gatto sospirò sollevato, tornando a sedere. Si poggiò sul tavolo con i gomiti, così da tenere la testa fra le mani e in quella situazione sì che pareva ancora più disperato. Era così... frustrato?
- Per la gloria di Fehor... Ti prego di perdonarmi. Nessuno vuole aiutarmi, tutti dicono che è stata una mia dimenticanza. Ma non è vero, a volte mi sembra di essere un pazzo. -”
Cit. Esfir'ya Khanfaash,
Una traccia sulle ore del tempo▼. -
.““La prossima volta che ci incontreremo sarà davvero l’ultima. Se vuoi veramente affrontarmi ad armi pari è tempo che tu faccia il passo successivo. Torna a casa, torna a Daiskeel.”
Strinse il biglietto con forza, cosa significava? Tornare a Taren? Non sapeva neppure dov'era come avrebbe mai potuto "tornarci"? Abbassando lo sguardo si osservò le mani ricolme di lividi,gli sembravano più scure del normale, ma non ci diede troppo peso. I suoi pensieri finirono su altro, su tutto quello che aveva fatto in quegli anni e di come tutto si fosse rivelato inutile. Tutte le cicatrici di cui si era vantato, portandole come dei trofei, erano inutili. Tutto quello che aveva fatto all'interno dell'arena, era stato inutile. I suoi modi di fare? Inutili. Aveva sbagliato tutto, era convinto che inseguendo l'immagine del padre sarebbe finalmente riuscito a superarlo, ma si sbagliava.
- Non ho fatto altro che seguire le tue impronte… e dove mi ha portato? Adesso basta, farò le cose a modo mio. Non ho intenzione di seguire più la tua strada, non ho intenzione di diventare come te. Tutto questo combattere… a cosa è servito? -
Rimase fermo lì, con il biglietto ancora stretto nelle mani mentre le lacrime, dopo chissà quanti anni, cominciarono a scivolare sulle sue guance.”
Cit. Kelev,
Mark of the Beast▼. -
.“In quell'aggressione continua, ogni passo verso il suo superiore viene conquistato con immane fatica e nuove ferite. Eleonora sa benissimo che non riuscirà ad arrivare in tempo ed è conscia che le azioni di quel folle lo porteranno alla sua disfatta.
Urla disperata fino a diventar rauca, mentre prova a liberarsi da quella prigione di carne e denti. La compostezza e il rigore che l'han caratterizzata ora sono un vago ricordo; il suo gelido sguardo ha lasciato spazio ad occhi vivi e spalancati, incendiati dal sentimento più primitivo e potente che serbiamo nel nostro cuore.
Desta per via di questa serie di sfortunati eventi, l'erede dormiente inizia a capire il peso della sua scelta. Il vero peso, privato di ogni abbellimento e propaganda che gli sono stati inculcati nel corso della sua intera vita.
Osserva l'abisso e nel rimpianto grida ancora più forte e si agita con rinnovata forza. Ha ben chiaro che da qui non uscirà mai viva ma dentro di lei è nato un desiderio che difficilmente potrà esser domato.
Vuole vivere, vuole esistere e lo farà lottando con tutta sé stessa.”
Cit. Eleonora Brughieri,
Alice nel Paese delle Cattiverie▼. -
.“Vera mormorava parole tristi, ricordava vecchie promesse. Aajhe annuì, la teneva vicina con un braccio attorno alle spalle. « Sì, dovevamo stare unite. Dobbiamo, stare unite. Dobbiamo, sì... » Ma presto si perde nel suo limbo e nei frammenti di ciò che resta della sua mente; scivola via, vede cose che Aajhe non può vedere, sente e sa cosa che Aajhe non può sapere.
« Cosa sono, Vera? Cos'è la fiamma, cos'è il Cavaliere bianco? » - Lo chiede come si chiederebbe qualcosa a un bambino, paziente e comprensiva. Cerca i suoi occhi, cerca di capirla.
« Papà ora non c'è, ma... ci sono io. »
Non risponde.
« Vera? »
Vorrebbe dire tante cose, ma le muoiono le parole alla bocca. E allora senza dire niente la stringe anche con l'altro braccio, le fa poggiare la testa sulla spalla mentre l'altra neanche se ne rende conto e cerca di afferrare i fantasmi davanti ai suoi occhi.
« Iremia. » - Chiama, sapendo che la creatura era vicina. - « Vorrei rimanessi un po' qui, prima di raggiungermi. Resta con Vera. »
« Non puoi fare più nulla per lei. »
« Se starti vicino mi rasserena, forse potrà farlo anche a lei... »
« Non sente neanche che sei lì. »
« Lo so. Lo so. Vorrei solo... Avrei voluto, solo... »
Una breve pausa, scomoda, spigolosa.
« Vorrei non lasciarli soli. »
Nella sua mente ce n'erano tanti altri.
Non aveva potuto stare vicina nemmeno alla sua ragion d'essere.”
Aajhe Farron,
Ove Finisce il Destino▼.